
Le cose andavano più che bene per il Ministro dei Rapporti con la Criminalità Organizzata. La sua carriera procedeva a gonfie vele, e anche l’ultimo incontro si era risolto in un vero e proprio trionfo. Sul lussuoso Air Force Italia, rilassato nella comoda poltrona di pelle, sorseggiava il Martini e soda, sapientemente preparato dal suo barman personale. Il Ministro era l’immagine stessa della soddisfazione. Raccontava con somma gioia gli eventi del pomeriggio. Una vittoria storica per lo Stato Italiano, oltre che per lui stesso, naturalmente. Lo Stato avrebbe immensamente arricchito le sue esangui casse. Lui, grazie a questo successo, avrebbe potuto comprare altri dieci voti all’annuale Compravendita del Sostegno Politico, e farsi eleggere a qualche carica più importante. Presidente della Camera. Presidente del Consiglio. Presidente della Repubblica. L’ambizione del Ministro era smisurata, e del resto era stata l’ambizione a permettergli una così clamorosa, e rapida, carriera. L’incontro a Napoli, del resto, aveva tutte le carte in regola per passare alla storia. C’erano tutti i più grandi capi, tutti i capofamiglia dei più importanti clan partenopei, dai Badalamenti ai Collina ai Lo bello, non mancava nessuno. Era la prima volta che la Camorra rispondeva con questa sollecitudine a una richiesta di un confronto da parte dello Stato, e già il fatto che così importanti personalità avessero aderito senza indugi era un evidente segnale del rispetto che il Ministro stesso emanava con la sua magnetica personalità. Era stato un trionfo per lui. Una soddisfazione etica, politica e anche personale. Lo Stato si era aggiudicato tutto il racket della Sanità, fino all’ultimo euro. La Camorra rinunciava a ogni diritto, su ospedali, case di cura, posti letto e medici della mutua: finiva tutto dritto dritto nelle casse del Tesoro. Era un successo clamoroso, perché la Sanità era da sempre uno dei settori amministrati con più successo dalla Malavita organizzata. Certo, lo Stato aveva dovuto pagare il suo prezzo, e già il Ministro prevedeva quello che i più ostinasti critici dell’ Opposizione Compiacente avrebbero detto. La Camorra si riservava in cambio lo spaccio di tabacco, eroina, cocaina e ketamina, commerci molto fiorenti nel napoletano. Ma il Ministro, come stava appunto dicendo ai suoi fedeli giornalisti, era più che certo dell’accordo che aveva siglato, e l’avrebbe difeso in tutte le sedi opportune: era pronto a rispondere persino alle interrogazioni del Parlamento Pletorico schierato al completo. Era vero che lo Stato non incassava più un soldo dal commercio della droga, ammise, “ma cosa succede ai drogati, dopo che si sono drogati?”, chiese, gonfio di retorica.
Accanto aveva la bella moglie, una modella estone di venticinque anni, e uno stuolo di giornalisti, simbolo immancabile del vero potere. I giornalisti sembravano molto concentrati sulle parole del Ministro. In realtà non lo erano affatto, poiché il loro albo aveva già da tempo deciso, seguendo la più logica delle leggi, che era inutile che tutti prendessero appunti, facessero le stesse domande, registrassero gli stessi discorsi. Tanto alla fine in qualche modo finiva tutto su Internet, e i giornalisti facevano lo stesso pezzo copiandolo da lì. Perciò, in definitiva, l’albo aveva elaborato un nuovo, severissimo codice deontologico, da cui non si doveva mai prescindere: tutte le testate dovevano sempre viaggiare insieme, poi i giornalisti tiravano democraticamente a sorte, e chi usciva faceva l’intervista, o l’articolo di turno. Poi quello che aveva scritto passava il pezzo agli altri che nel frattempo si riposavano e chiacchieravano, e così tutti avevano il loro giornale fatto, con notevole risparmio di energia. Però la faccia concentrata, almeno all’inizio, la dovevano fare tutti. Faceva parte dell’aurea di rispettabilità di qualsiasi Ministro. E il Ministro dei Rapporti con la Criminalità Organizzata era famoso, oltre che per la splendida moglie, anche per il pessimo carattere, e teneva la sua rispettabilità nella massima considerazione.
“Dove vanno a finire i ragazzi che in questo stesso momento si stanno iniettando tutta quella droga? Certo, avranno pagato centinaia di euro, per diventare tossicodipendenti, e la Camorra ci avrà fatto su un bell’utile. Ma dove, amici della stampa, dove finiranno in ultima analisi tutti gli eroinomani, tutti i manager rampanti con le narici piene della preziosissima polverina? Dove finiranno quando il loro cuore non reggerà più, e inizierà a pulsare in testa così forte che potranno sentire nelle orecchie il rumore del sangue? Dove andranno a quel punto, tutti quei ricchi drogati?”
Il Ministro fece una pausa a effetto. Conosceva bene i suoi giornalisti. Le pause a effetto erano proprio quello che ci voleva. Vecchi trucchi, ma che funzionavano sempre.
“Finiranno in un letto di ospedale. Si faranno internare in qualche clinica privata. I più pezzenti si faranno visitare a domicilio da qualche laureando in medicina. Comunque sia, una parcella la dovranno pagare, e quei soldi finiranno dritti nelle nostre tasche. Vedete, distinti esponenti della libertà di stampa, dopo oggi lo Stato avrà l’invidiabile posizione di ultimo beneficiario di tutto il ciclo della droga, e sarà l’unico che ci guadagna sempre e comunque, e anche con la migliore posizione etica, il che non guasta mai. Senza dover spacciare una sola bustina, allo Stato andranno tutti i proventi delle costose cure. Pensate a quanti drogati ci sono oggi in Italia. Pensate a quali occasioni di guadagno. Fidatevi, cari giornalisti, oggi ho stipulato un accordo storico. Come ho detto ai cari amici della Camorra, da oggi siamo soci ancora migliori, perché ogni buco in vena fa un malato, ogni malato fa un conto di un dottore, ogni malato guarito fa un nuovo drogato. L’economia gira, e mai come oggi gli screzi tra le nostre organizzazioni sembrano futili e lontani. Lunga vita alla Camorra campana! Lunga vita allo Stato Italiano!”
Sandro
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