
Il 35enne Joey, dopo molti anni, torna a far visita alla vecchia madre nella fattoria di famiglia, in Pennsylvania.
Ben sapendo di dover ancora risolvere una lunga serie di conflitti emotivi che lo legano ai suoi consaguinei, ha la brillante idea di portarsi dietro la seconda moglie e l’innocente figlio di lei.
La storia si dipana nei tre giorni passati in una campagna sperduta che non offre possibilità di animate avventure.
Tutto il testo si gioca dunque sulle difficili interazioni dei quattro personaggi.
La staticità delle azioni, che al più consistono in passeggiate per i campi, improvvisi temporali, brevi lezioni di guida del trattore e raccolta di more, è contrastata dalle complesse dinamiche relazionali.
Una madre vecchia che non risparmia veleno alla donna di suo figlio.
Un uomo ancora indeciso sullo schierarsi dalla parte della madre o liberarsi dai ricatti affettivi di questa.
Una casa intrisa di fotografie del passato e soprammobili polverosi.
Una moglie che stupidamente decide di mettersi in competizione con il fantasma della ex moglie.
La vecchia storia di rivalsa degli affetti.
E fra tutti un povero undicenne abituato a essere marito prematuro di sua madre, finta emancipata, che si rifugia nella protezione del figlio a ogni minimo conflitto con il mondo, con gli uomini e con le suocere.
Idee di manipolazione.
L’invidia nei confronti del nuovo, delle cose che si muovono, crescono e cambiano.
La paralisi di un figlio che doveva restare solo tale, rifiutando il suo divenire uomo.
Il terrore che l’amore per una donna rappresenti una minaccia per l’affetto materno, come se madre e amante avessero gli stessi ruoli.
Le rivalse di unicità.
La possessione bramosa.
I sensi di colpa, inutile modo di giustificare il proprio fallimento.
Le accuse mortificanti atte a generare ulteriori inutili sensi di colpa.
Poi la messa della domenica, il grano falciato e le scuse reciproche, come il vin santo a ripulire la bocca dopo i cantucci. Probabilmente la vecchia megera morirà di li a poco. Di danni ne ha fatti abbastanza.
Updike c’ha messo veramente tutta l’essenza della malattia degli esseri umani in questo romanzo. E lo ha fatto con la sua tipica eleganza narrativa. Senza mai un eccesso, una sbavatura, una caduta di stile. Descrivendo, fra i fiorellini e il profumo di natura, la pochezza di un uomo che perpetuando i suoi conflitti adolescenziali con mamma e papà, riesce a sentirsi uomo solo quando penetra il corpo enorme di una donna.
Lisa
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